A cura di Francesca Policastro
“Green is the new rock’n roll” non è solo il claim del nuovo spot del chewingum a base di ingredienti naturali della Vigorsol, ma anche la nuova scelta ecosostenibile di molte città europee che al fenomeno sempre più attuale dell’urbanizzazione, rispondono con soluzioni sempre più “green” per il benessere e la salute dei propri cittadini.
E’ quello che sta accadendo in Danimarca, dove il governo ha approvato grandi progetti infrastrutturali volti sia a migliorare il trasporto nelle grandi città per alleggerire ulteriormente il traffico urbano, sia all’efficientamento energetico delle costruzioni per contenere i consumi energetici a favore della cosiddetta “white economy”.
Primo tra tutti è il progetto “the Silo” dello studio COBE, che consiste nel collegamento e nella ristrutturazione dell’area portuale industriale (Nordhavn) di Copenaghen con il centro città, approvato il 12 marzo 2013 dal Parlamento danese. Al posto dei magazzini abbandonati che attualmente ricoprono l’area, sorgerà infatti il primo quartiere della città del futuro: un distretto a emissioni zero, alimentato da pannelli solari e turbine eoliche, all’interno del quale verrà sviluppato un giardino verde dove i residenti potranno socializzare.
L’idea di condivisione eco-friendly è già stata testata infatti dalla città francese di Nantes nel 2011, quando lo studio francese Tétrarc ha concepito HABITAT44, il progetto di 39 alloggi di edilizia sociale, organizzati come fossero 11 monofamiliari affiancate con una doppia facciata: una in legno che ricorda un fienile, e l’altra in vetro che gestisce la relazione interno-esterno di ogni alloggio e si affaccia su un giardino dedicato all’orticultura e al giardinaggio.
La sfida per il porto di Copenaghen sarà proprio quella di conciliare la vecchia struttura industriale e il nuovo co-living con le esigenze dell’ambiente, generando visioni di progettazione sostenibile che tengano vivo il contatto con la natura.
Di questo piano strategico di integrazione tra il “nuovo” e il “vecchio” si era già occupato nel 2010, sempre a Copenaghen, lo studio PLUSnet, che, in tema di trasporto urbano, prevedeva la manutenzione delle vecchie piste ciclabili come base di costruzione per le nuove piste al fine di garantire una mobilità sicura e confortevole per i ciclisti (che corrispondono al più del 50% della popolazione) e una pianificazione stradale per lo sviluppo della “slow mobility”.
Secondo questo piano infatti le esigenze dei pedoni e dei ciclisti diventano prioritarie rispetto a quelle degli automobilisti e parte fondamentale del progetto è quello del City life che prevede la ri-progettazione, entro il 2025, di tutte le arterie cittadine al fine di cambiare il punto di vista della mobilità.
Inoltre grazie alla costruzine di nuove infrastrutture come ponti e ciclabili nelle aree verdi della città, è previsto un abbassamento dei tempi di percorrenza degli itinerari metropolitani.
Lo sviluppo della “SLOW MOBILITY” ha portato dunque a benefici di diversa natura: ambientali, con la riduzione delle emissioni di CO2, nonché dell’inquinamento acustico oltre a quello atmosferico; economici, poiché riducendo i tempi di percorrenza dei lavoratori, è aumentata la produttività economica nelle aziende; e sociali, con la diminuzione dei costi sanitari grazie all’incremento dell’attività fisica e alla riduzione di incidenti stradali tra automobilisti e ciclisti.
In merito a quest’ultimo punto, il “Public Impact Gap”, metodo ideato dalla fondazione Centre for Public Impact della Boston Consulting Group, ha messo in luce in uno studio di analisi sulla mortalità causata da incidenti stradali, come la Danimarca sia tra i paesi più performanti in termini di sicurezza stradale (meno di 4 decessi per miliardi di kilometri percorsi da veicoli- international transport Forum, Road Safety Annual Report 2015).
Lo studio infatti si occupa di misurare le performances di alcune amministrazioni paragonabili tra loro su una serie di tematiche che hanno un effetto concreto sulla vita dei cittadini: istruzione, ambiente e salute. Il “gap” rappresenta la distanza tra quel che l’amministrazione sta facendo e quello che potrebbe fare e il paese che sta al di sotto di un 75esimo percentile ha un gap da recuperare.
In tal senso le analisi numeriche sono seguite da analisi politiche e suggerimenti agli Stati su come migliorare le proprie performances.
Grazie a questi progetti di eco-innovazione e a un piano di comunicazione di sensibilizzazione al tema “green”, la città di Copenaghen ha ottenuto la nomina nel 2014 di
EUROPEAN GREEN CAPITAL ed è stato chiesto anche all’amministrazione pubblica della capitale danese di redigere un piccolo “vademecum” per tutte le città europee che vogliano seguire il suo esempio.
I danesi hanno risposto con tre regole fondamentali per iniziare:
1- Pianificare con cura la strategia per la viabilità, scegliendo quali modalità – tra biciclette, trasporto pubblico e vetture – debbano avere la priorità lungo le vie chiave della città.
2- Puntare alla progettazione di tutti gli spazi interni e abbandonati della città per conservare la natura compatta e densa del sistema urbano, cosicché gli spostamenti in bicicletta possano avvenire in un raggio d’azione ragionevole per tutta la cittadinanza.
3- Non è necessario che ci sia bel tempo per utilizzare la bicicletta e per vivere all’aperto: “L’inverno di Copenaghen è veramente freddo!”, scherzano i danesi.