I CITTADINI e la salute nelle città
Antonio Gaudioso Segretario Generale Cittadinanzattiva e EU Citizen’s Network
In Europa oltre il 50% della popolazione è in sovrappeso o è affetta da obesità (dato presentato alla Conferenza ministeriale europea sulla nutrizione e le malattie non trasmissibili, Vienna, 2013).
Proprio in occasione della Conferenza di Vienna del 2013 i Paesi europei si sono impegnati, nell’ambito del Piano “Salute 2020”, ad agire in modo più efficace sia per incidere sulle cause dell’obesità sia per spingere i cittadini a fare scelte sane e consapevoli. Tra le azioni da compiere: etichettatura più innovativa dei prodotti, nuove politiche sui prezzi, promozione delle filiere alimentari corte e riduzione della pressione del marketing sui bambini che induce a consumare cibi ricchi di grassi, zuccheri e sali. A livello globale si sta agendo per invertire la rotta con politiche di prevenzione in grado di incidere prioritariamente sugli stili di vita e sulla corretta alimentazione (dalle Nazioni Unite – obiettivo 3, WHO, alle politiche dell’UE e dei singoli Stati membri).
Inoltre, oggi la metà della popolazione mondiale vive in città, dove a causa dell’incidenza di cattivi stili di vita si è avuto un aumento notevole dell’obesità, anche infantile, e delle Malattie Croniche non Trasmissibili, un fenomeno che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la “nuova epidemia urbana”.
In questo contesto tutti sono chiamati a cooperare e devono fare la loro parte per invertire questa tendenza che ha un impatto molto negativo sullo sviluppo delle nostre comunità e per promuovere azioni collettive in grado di incidere sui cattivi comportamenti alimentari e più in generale sugli stili di vita.
L’osservatorio dei bisogni dei cittadini di cui dispone Cittadinanzattiva, che si è sviluppato grazie ad una presenza capillare sul territorio e ad una struttura associativa “a rete”, oggi più che mai permette una azione di ascolto e di tutela dei diritti dei soggetti deboli e di stimolo ad avviare processi di partecipazione nelle politiche pubbliche.
Lo stato dei servizi sanitari nelle città proprio da questo osservatorio appare critico soprattutto perché le difficoltà di accesso nelle periferie urbane (costi sempre più elevati e tempi di attesa non governati), dove la popolazione invecchia, i redditi sono sempre più bassi e le patologie croniche e non trasmissibili aumentano in modo esponenziale, sono un vero e proprio impedimento alle cure. Inoltre nelle grandi città i percorsi assistenziali sono più frammentati, il rapporto medico paziente più sfilacciato, è più difficile la gestione del disagio mentale e delle tossicodipendenze, sono sempre più diffuse situazioni di solitudine, povertà, emarginazione e disagio sociale aggravate da situazioni di degrado urbano.
Inoltre, come sappiamo dai dati a disposizione, il grande flusso di persone verso le aree urbane negli ultimi decenni ha determinato dei cambiamenti sostanziali dello stile di vita, sempre più sedentario, caratterizzato da alimentazione non corretta, e da poca pratica sportiva, fattori che portano a sviluppare soprattutto le patologie del benessere come obesità e diabete.
In questo contesto le politiche pubbliche da adottare sono diverse e trasversali e vanno dall’ambito del trasporto urbano all’alfabetizzazione sanitaria, dai programmi scolastici allo screening per la prevenzione primaria, dall’educazione alimentare alle pratiche sportive. Si tratta delle politiche più variegate e che nel loro insieme potrebbero contribuire efficacemente a determinare un buon livello di salute in ambiente urbano. Le rappresenta molto bene proprio il nostro “Manifesto la salute nelle città: bene comune” promosso da Health City Think Tank e da tutti i soggetti che lo hanno sottoscritto.
Tuttavia, per potenziare l’effetto di queste azioni, oltre ad un reale investimento da parte delle Istituzioni pubbliche, sarebbe indispensabile un coinvolgimento diretto della popolazione. Da una parte questo potrebbe avvenire attraverso campagne e iniziative di informazione e sensibilizzazione sui comportamenti e gli stili di vita da adottare, dall’altra con azioni civiche mirate si potrebbe attivare la cittadinanza nella costruzione di una mappatura dei quartieri e del degrado, per far emergere bisogni latenti e per monitorare lo stato del territorio e dei servizi effettivamente disponibili per i cittadini.
Cittadinanzattiva ha una tradizione di impegno su entrambi questi fronti. Sul fronte delle campagne e delle iniziative di informazione e sensibilizzazione è tutt’ora in corso un nostro progetto nazionale in tema di mobilità sostenibile “Mobilitime – è tempo di muoversi”, attraverso il quale ci poniamo la finalità generale di sensibilizzare i cittadini sul tema, di educarli a diversi e nuovi modelli più sostenibili e responsabili, a partire dal trasporto attivo, nonché interrogarli e coinvolgerli nella individuazione delle eventuali criticità e punti di forza legati alla loro diffusione.
Siamo convinti infatti che lo sviluppo di modelli di mobilità più sostenibili (da un punto di vista ambientale, sociale ed economico) rappresenti un vantaggio immediato per i cittadini e le comunità cui appartengono incidendo direttamente sia sull’adozione di uno stile di vita più sano (promuovendo varie forme di mobilità attiva), sia incidendo sulla vivibilità delle città (riduzione della congestione, del rumore, migliore qualità dell’aria).
Con le nostre azioni in tema di mobilità, in un approccio più ampio e “sistemico”, ci collochiamo nel solco dei principi declamati nel manifesto “Salute nelle città: bene comune”, con particolare riguardo al numero 7, che incrocia perfettamente i motivi e gli obiettivi della nostra iniziativa.
Le principali attività del progetto consistono in:
– promozione di una consultazione civica in tema di mobilità sostenibile, con l’obiettivo di evidenziare il punto di vista dei cittadini sul tema, rilevare le criticità dei modelli attualmente presenti e maturare delle proposte di miglioramento (le cui risultanze saranno presentate alle Istituzioni in un incontro pubblico);
– iniziative di divulgazione e sensibilizzazione sul territorio nazionale grazie alle nostre reti territoriali;
– promozione di un concorso fotografico online con l’obiettivo di raccogliere e far circolare buone pratiche sul tema, per sensibilizzare in particolare i giovani.
Sul fronte dell’attivazione della cittadinanza nella costruzione di una mappatura dei quartieri e del degrado, Cittadinanzattiva ha esperienza di monitoraggio civico ed è l’unica associazione in Italia a realizzare l’Audit Civico® di servizi e politiche, in partnership con le amministrazioni pubbliche, non solo sanitarie. In particolare qualche anno fa Cittadinanzattiva con Fondaca, Formez e Dipartimento della Funzione pubblica, ha realizzato un Manuale sulla valutazione civica della qualità urbana, strumento ancora oggi valido e disponibile all’ utilizzo. La qualità urbana, come si legge nel Manuale, non può essere valutata come tale. Il concetto è troppo astratto perché possa essere analizzato. Quindi, è necessario individuarne il contenuto semplificando e riducendo quelli che tecnicamente vengono definiti “i gradi di astrazione del concetto”. Per questa ragione, il concetto contenitore di qualità urbana è stato spacchettato in una serie di componenti, a loro volta suddivise in dimensioni. Le componenti ci aiutano a rendere la qualità urbana più tangibile, per esempio individuando elementi concreti del concetto di qualità urbana. Alcuni esempi di queste componenti della qualità urbana sono la sicurezza, l’accessibilità dei servizi, la manutenzione del territorio, ecc. Anche tali componenti hanno bisogno, però, di essere ulteriormente scomposte in quelle che abbiamo definito dimensioni: un esempio di dimensione della componente sicurezza, per esempio, è l’incolumità fisica (che presenta un maggiore livello di concretezza rispetto alla sicurezza intesa in senso generale). Le componenti e le dimensioni sono state individuate durante un focus group nazionale cui hanno partecipato esperti di ricerca sociale, rappresentanti di organizzazioni civiche ed esponenti delle amministrazioni locali.
Sarebbe utile inoltre promuovere iniziative specifiche per le fasce deboli della popolazione.
Agire contro l’esclusione sociale è infatti una caratteristica dell’azione di Cittadinanzattiva, la cui mission prevede l’impegno per l’empowerment dei soggetti deboli, “dare potere” a chi non ce l’ha, a chi non vede riconosciuti i propri diritti o a chi non sa di averne, a chi potrebbe attivarsi per migliorare la propria condizione e quella degli altri. Da questo nasce il concetto stesso di cittadinanza attiva: dall’idea che se si intende contribuire a dare forma alla società in cui si vive, si deve esercitare un potere, ci si deve “attivare” per mobilitare risorse, promuovere iniziative, esercitare responsabilità, in altre parole ci si deve occupare della politica da attore e protagonista, non in modo subalterno rispetto alla “politica del palazzo”.
Se contribuire a dare forma alla società vuol dire fare politica, come è emerso dalla ricchezza delle esperienze protagoniste del primo Festival della partecipazione, i soggetti della politica sono tanti e agiscono nelle strade, nelle piazze, negli ospedali, nelle scuole, negli uffici pubblici, nei quartieri degradati, nelle comunità, e ovunque si operi per un cambiamento della realtà.
Dalla nostra esperienza emerge quanto la collaborazione di diversi soggetti sia la chiave per generare effetti positivi per la tutela della salute nelle fasce più deboli della popolazione e a rischio esclusione: istituzioni, enti locali, associazioni e comitati di quartiere, imprese, cooperative sociali, servizi pubblici, associazioni professionali. Giocando ruoli diversi ma lavorando insieme per un’impresa comune sono state sperimentate ad esempio forme di mutuo-aiuto, servizi di ascolto, iniziative di contrasto alle diseguaglianze, attività di arte e cultura al servizio di percorsi terapeutici, iniziative di piazza.
Si tratta di esperienze che hanno funzionato e che per questo meritano di essere messe in campo nelle realtà urbane più a rischio per la salute pubblica.
Anche la realtà di una capitale come Roma, oggi in una condizione di grande fragilità, merita la massima attenzione. Di recente è emerso che Roma è l’unica tra le 28 Capitali dell’Ue che ha peggiorato i suoi indicatori di salute negli ultimi anni. Tutti gli indicatori, dall’aspettativa di vita, alla mortalità infantile fino alle patologie tumorali, fanno riscontrare un peggioramento della situazione dei cittadini romani rispetto al resto di Italia.
Per questa ragione l’adozione del “Manifesto la salute delle città: bene comune” deve rappresentare per la città una occasione di rilancio di politiche pubbliche per la salute e per la qualità della vita urbana, una opportunità di lavoro comune e di collaborazione tra i tanti attori protagonisti della salute in città.
Occasione per dare concretezza anche agli obiettivi 2030 (SDG’S) per lo sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite:
“Garantire le condizioni di salute e il benessere per tutti a tutte le età (obiettivo 3)”;
“Rendere le città e le comunità sicure, inclusive, resistenti e sostenibili (obiettivo 11)”;
“Rinforzare i significati dell’attuazione e rivitalizzare le collaborazioni globali per lo sviluppo sostenibile (obiettivo 17)”.
Rispetto a questo ultimo obiettivo, l’attuazione dell’Agenda 2030 richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura.